Viale Umbria: non solo traffico, anche storia e arte (parte prima)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Se chiedete a qualcuno di descrivere viale Umbria, ve lo definirà come "un'arteria trafficata della circonvallazione esterna", rendendone così una immagine superficiale e legata a condizioni particolari. In questi due articoli vogliamo invece andare a considerare questa strada su un doppio binario: storico ed artistico. Ci accingiamo quindi a percorrerla in direzione nord, secondo cioè l'ordine crescente dei numeri civici, partendo da piazzale Lodi fino a piazza Emilia.

La prima considerazione che va fatta è che questo viale, inserito nella cosiddetta "circonvallazione delle regioni", ed in cui per inciso ha sede il nostro giornale (vedi frontespizio), inizia e termina con una piazza alberata, e congiunge due spazi aperti di notevoli dimensioni: dalla parte di piazzale Lodi, infatti, si estende lo scalo ferroviario di Porta Romana, mentre dalla parte di piazza Emilia si trova il Parco Formentano.
Lo stesso viale, poi, è separato in due carreggiate da un ampio spartitraffico, ridotto ai nostri tempi a parcheggio e sede riservata per i mezzi pubblici, ma che in un tempo non lontano (immediato dopoguerra) veniva utilizzato come passeggio dai milanesi, che potevano così godersi gli eleganti edifici che, parzialmente, lo ornano tuttora.

Partendo da piazzale Lodi, il primo edificio di rilievo che troviamo, e di cui ho ampiamente trattato in altra occasione, è il Tecnomasio Italiano Brown Boveri, che ha poi nel tempo cambiato denominazione ma che resta una pietra miliare dell'industria elettromeccanica italiana. Il moderno centro commerciale che ne ha sostituito i capannoni ha donato una certa luminosità all'angolo con via Colletta, ove si trova anche la ormai secolare scuola elementare (di cui sono stato alunno), che ha nei tempi ospitato anche scuole di altri gradi.
Sul lato dispari, un piccolo cortile consente di intravedere un edificio a cui si accede da via Friuli, tramite un passaggio sito nel civico 8, che ripercorre una diramazione della antica Strada della Carità.

Superato il bivio con via Colletta, troviamo sulla destra, subito dopo la scuola, un elegante palazzo costruito nei primi decenni del ventesimo secolo, la cui facciata, ornata da lesene e balconi in pietra, termina con un timpano; ad esso fa seguito un edificio davvero ragguardevole esteticamente, esemplare di quello stile liberty che troveremo più volte nel nostro itinerario. Le sue caratteristiche principali sono il frontone in cotto, costituito da altorilievi raffiguranti animali mitologici e fregi floreali; le arcate in cotto a tutto sesto che ornano la parte centrale del secondo piano; i fregi a greca, che sovrastano il terzo piano; le bifore poste al quarto piano, ornato da una decorazione floreale che copre anche le due colonne laterali; e il piano nobile, ove si nota uno splendido loggiato con colonnine.
Sul marciapiede di fronte, i numeri civici 25 e 27 offrono due eleganti esempi di palazzi in stile liberty, costruiti all'inizio del ventesimo secolo, in cui si notano i balconi in ferro battuto.
Ancora prima dell'incrocio, un supermercato è sorto in tempi recenti al posto della Lamprom, industria produttrice di chiusure lampo acquisita nel 1976 dalla Cucirini Cantoni Coats, nota industria di filati, che poi la incorporò nella capogruppo italiana nel 1996. Come era visibile sulla facciata verso via Tertulliano, l'azienda aveva come insegna un simpatico coccodrillo i cui denti si chiudevano appunto a mo' di cerniera lampo.

L'incrocio in questione riveste importanza non solo per l'assassinio del giudice Alessandrini (ivi avvenuto nel 1979), ma in quanto la strada che attraversa il viale ricalca il percorso dello "Strettone", di cui ho già detto a suo tempo, antica strada su cui rimangono importanti testimonianze rurali, due delle quali a ridosso dell'incrocio stesso: la cascina del Torchio e la cascina Graffignana.
Al di là dell'incrocio si stende una cittadella artigianale, ove trovano spazio attività di vario genere, dalla produzione di cristalli d'arte agli studi di architettura; si tratta dell'area occupata negli anni passati da un'altra importante azienda metalmeccanica, la Lagomarsino, in cui negli anni '50 del ventesimo secolo lavorò come operaio, tra gli altri, quel Riccardo Albertini, noto sindacalista, che sarebbe poi diventato presidente dell'INPS di Milano dal 1998 al 2000.

A questo punto interrompiamo la nostra passeggiata, che riprenderemo sul prossimo numero, ove esploreremo la parte restante di questo bel viale della nostra zona.